5. Borgoloco San Lorenzo

Le donne, i pozzi e i pettegolezzi

I numerosi pozzi di Venezia erano essenziali per rifornire di acqua dolce questa città sul mare. Invece di attingere dalle falde acquifere, queste cisterne raccoglievano, filtravano e conservavano l’acqua piovana. Mentre le famiglie nobili avevano le loro cisterne private, quelle pubbliche, come le due di questa calle, erano utilizzate dai meno abbienti per bere, igienizzarsi e lavare i panni. I pozzi erano aperti due volte al giorno dai capi di contrada. Tuttavia, con l’aumento della popolazione e durante i periodi di siccità, i venditori d’acqua o acquaroli dovevanospesso portare acqua fresca dalla terraferma e venderla in giro per la città. I lavoratori che consumavano molta acqua, per esempio le lavandaie come Anna, non dovevano utilizzare i pozzi pubblici. Nel XVI secolo, i veneziani iniziarono a costruire un maggior numero di case da dare in affitto, munendole di cisterne interne, anche se i pozzi pubblici mantennero la loro importanza per molte persone.

I pozzi, e più in generale le calli e i campi, continuarono a fungere da spazi cruciali di socialità, soprattutto per le donne che spesso avevano la responsabilità di raccogliere l’acqua, lavare e cucinare. Mentre le donne di classe inferiore potevano spostarsi in città – o anche al di fuori di essa – per fare affari, sbrigare commissioni o visitare amici o parenti, gran parte della loro vita quotidiana ruotava intorno a spazi come questo. Poiché molte persone non avevano molto spazio nelle loro case, molti lavori domestici si svolgevano fuori dalla porta di casa, offrendo anche l’opportunità di incontri sociali con i vicini e i passanti.

La natura porosa del tessuto urbano di Venezia – con i rumori che passavano attraverso finestre e porte, riverberandosi lungo i canali e le calli – permetteva anche ai vicini di tenersi d’occhio a vicenda. Mentre gli uomini spettegolavano tanto quanto le donne, il pettegolezzo femminile era visto come una forza potente che poteva creare o distruggere la reputazione locale, soprattutto quella di altre donne. È per questo motivo che tribunali come quello dello Sant’Uffizio si rivolgevano spesso ai residenti, comprese molte donne, per avere informazioni su ciò che accadeva in città e persino sulla vita intima dei suoi abitanti.  La socialità di vicinato era particolarmente importante anche per gli immigrati recenti che si stavano ambientando a Venezia. Molti nuovi arrivati, come Elena nel app, sceglievano di vivere con o vicino ai loro connazionali o parenti, soprattutto al loro arrivo. Questo li ha aiutati a superare le difficoltà di adattamento, come imparare la lingua, trovare lavoro e solidarietà. La maggior parte dei migranti cristiani non fu costretta a vivere in un’area particolare, a differenza degli ebrei nel ghetto e più tardi anche dei mercanti musulmani nel Fondaco dei Turchi. Tuttavia, molti membri di gruppi “minoritari” come i greci e gli slavi si raggrupparono volontariamente in quartieri come questo, per beneficiare della vicinanza dei loro compatrioti.

Rosa Salzberg (tradotto da Umberto Cecchinato)

Bibliografia

David Gentilcore. “The cistern-system of early modern Venice: technology, politics and culture in a hydraulic society”, Water History, 13 (2021): 375-406.

Monica Chojnacka. Working Women of Early Modern Venice, Baltimore & London: Johns Hopkins University Press, 2001.

Elizabeth Horodowich. “The Gossiping Tongue: Oral Networks, Public Life and Political Culture in Early Modern Venice”, Renaissance Studies 19, 1 (2005): 22–45.