5. San Sebastiano

Santi protettori dalla peste

La topografia cittadina è segnata dai nomi dei luoghi di devozione collettiva che servono le comunità locali, e spesso sembra che non si possa girare un angolo senza imbattersi in un’altra chiesa.

Infatti, nella piazza a lato di questa chiesa (Campo San Sebastiano) si affaccia un’altra chiesa, dedicata all’arcangelo Raffaele. Attraversando la piazza è ben visibile la vera di pozzo, sulla quale un’iscrizione in lettere maiuscole gotiche racconta una storia. Datata luglio 1349, fu eretta da Marco Arian, in memoria del padre Antonio. Come chiarisce la data – e come conferma anche un testamento rinvenuto in archivio – Antonio morì durante la devastante peste del 1348 e lasciò del denaro per fornire un nuovo pozzo agli abitanti del quartiere. Come è noto, la cosiddetta peste nera decimò le popolazioni urbane, ma documenti lapidei come questo sono piuttosto rari, anche se notevoli lasciti testamentari sono responsabili di enormi quantità di beneficenza che hanno portato alla costruzione di chiese e ospedali in tutta Italia. 

Essendo una città commerciale costantemente collegata alla terraferma ma soprattutto alle principali rotte marittime del Mediterraneo e oltre, Venezia era particolarmente soggetta alla peste e alle malattie che viaggiavano insieme ai mercanti e alle loro merci. La città inventò e sviluppò un sofisticato sistema di quarantena, ma a intervalli piuttosto regolari la peste lambiva la città, devastando la popolazione. Alcune chiese sono un segno monumentale degli effetti della peste; commemorano la sopravvivenza della città ad epidemie particolarmente violente, ma ne ricordano anche le molte vittime. Il percorso di questo itinerario ne collega alcune. Santa Maria della Salute (sul Canal Grande), costruita per celebrare la fine della peste del 1631, con la sua massiccia mole in pietra sostenuta da milioni di piloni di legno conficcati nel terreno secondo gli ambiziosi progetti di Baldassare Longhena. Di fronte alle Zattere, sulla Giudecca, la bianca facciata classica della chiesa del Redentore di Andrea Palladio fu costruita dopo la peste del 1576. San Sebastiano è invece invocato per una serie di pestilenze, ma deve una prima fase di ricostruzione a un’ondata di malattie che iniziò nel 1464, ma continuò anche nel secolo successivo. Alcune sculture e rilievi sulla facciata raffigurano Sebastiano, martirizzato come si sà da molteplici frecce – le ferite erano intese come le piaghe che erano il segno esteriore più comune della peste.

Pannello a basso rilievo con San Sebastiano, portale della chiesa di San Sebastiano, Venezia. Foto: Fabrizio Nevola

La chiesa di San Sebastiano è celebre per i suoi interni, dove una serie di dipinti – per lo più su tela, alcuni a fresco – furono realizzati da Paolo Veronese nell’arco di quindici anni a partire dal 1555, su richiesta del priore della chiesa e del monastero, che, come l’artista, era di Verona. Le pale d’altare, le ante dell’organo, la galleria del coro, il soffitto della sacrestia e le pareti della chiesa sono tutti decorati con i colori vivaci e i tessuti cangianti preferiti dall’artista, con molte scene che celebrano la vita ed il martirio del santo a cui e dedicata la chiesa.

Paolo Veronese, Vergine e Bambino in gloria con i santi Sebastiano, Francesco, Pietro, Giovanni Battista, Caterina ed Elisabetta, 1562. Altare maggiore di San Sebastiano, Venezia.

Fabrizio Nevola

Bibliografia

The Church of San Sebastiano: https://www.savevenice.org/project/church-of-san-sebastiano

Jane Stevens Crawshaw, Plague hospitals: public health for the city in early modern Venice, Ashgate Publishing (2012)

Ronnie Ferguson, Venetian Inscriptions: Vernacular Writing for Public Display in Medieval and Renaissance Venice, Modern Humanities Research Association, 2021