7. Caffè Florian

Botteghe del caffè

Sebbene il caffè sia arrivato a Venezia come costosa sostanza medicinale nel Seicento, nel 1683 fu fondata la prima caffetteria, e sia la bevanda che il modello commerciale divennero rapidamente di moda. Il primo caffè fu aperto in uno dei negozi al piano terra delle Procuratie Nuove, il grande edificio che costeggia il lato meridionale di Piazza San Marco. Sebbene il caffè originale sia scomparso, il Caffè Florian, fondato sotto le Procuratie Nuove nel 1720, è ancora in funzione. Anche altri due caffè settecenteschi sono rimasti sotto le Procuratie Vecchie, dall’altra parte della piazza: Caffè Quadri e Caffè Lavena. Nel 1750, a Venezia si contavano più di 200 caffè.

Le caffetterie divennero ben presto importanti luoghi di socialità afferenti alla sfera pubblica e si aggiunsero all’elenco dei luoghi di Venezia (insieme al Ridotto e ai teatri) in cui si incontravano persone di tutte le classi sociali. Questa mescolanza sociale spiega forse la tendenza dei clienti dei caffè a mascherarsi. Sebbene le disponibilità economiche potessero certamente determinare la frequenza con cui ci si recava al caffè, questi offrivano bevande a prezzi ragionevoli. Gli avventori potevano ordinare caffè, tè o cioccolata; nei mesi più caldi veniva spesso offerta una limonata. Molti negozi vendevano anche dolci per accompagnare le bevande.

Caffè con maschera. Giovanni David,
1775. Museo Correr

Oltre al piacere della socievolezza, le caffetterie offrivano anche accesso alle notizie. Nel loro primo secolo di vita, questo processo avvenne principalmente in modo informale; essendo luoghi in cui circolavano molte persone di ogni estrazione sociale, i caffè divennero, semplicemente, il posto ideale per ascoltare le ultime informazioni, proprio come lo era stato per lungo tempo Rialto. Ma negli anni Sessanta del Settecento la cosa si formalizzò, con la creazione del primo giornale di Venezia, la Gazzetta Veneta, scritto da Carlo Gozzi. Ben presto il suo giornale divenne disponibile nei principali caffè della città.

Allo stesso tempo, i caffè potevano presentare un lato più sordido. Qualsiasi luogo di aggregazione poteva generare scandali e persino cospirazioni o crimini, e molti divennero luoghi di gioco d’azzardo. Anche i libertini, come Casanova, fecero dei caffè i loro luoghi di ritrovo abituali. Il governo veneziano riconobbe la potenziale minaccia rappresentata dai caffè e così le spie, per lo più quelle che lavoravano per gli Inquisitori di Stato, si appostavano spesso nei caffè, cercando di origliare i clienti. Nel 1743, almeno in parte a causa della preoccupazione per il gioco d’azzardo dilagante nei caffè, il governo emise un divieto di frequentazione da parte delle donne, una decisione profondamente impopolare e controversa, che sembra essere stata ampiamente ignorata in molti negozi. Poco dopo, il proprietario del Florian presentò una petizione agli Inquisitori di Stato per ottenere il permesso di far entrare le donne nel suo caffè, promettendo una posizione discreta all’interno della caffetteria, dove gli uomini “onesti, attaccati alle proprie moglie, ed ad altre signore della loro famiglia” potessero essere onorevolmente ospitati. La sua richiesta fu accolta e in seguito lo Stato rilasciò un piccolo numero di licenze simili per alcuni caffè che permettevano di servire le donne se erano in compagnia di un uomo.

Celeste McNamara

Bibliografia:

Reato, Danilo. La bottega del caffè: i caffè veneziani tra ’700 e ’900. Venice: Arsenale, 1991.