7. Scuola Raffaello Sanzio

La scuola sotto il fascismo

Fin dai primi anni Venti, l’istruzione e l’educazione si impongono come elementi cardinali nella creazione dell’uomo nuovo fascista.

Tanto durante l’infanzia quanto nell’adolescenza, le scuole e le organizzazioni del regime scandiscono il tempo e gli spazi della gioventù applicando i dettami della dottrina mussoliniana: ordine, disciplina e gerarchia. Dagli 8 ai 14 anni si è balilla e piccola italiana, dai 14 ai 18 anni avanguardista e giovane italiana approdando, infine, ai gruppi universitari e al partito.

Dentro e fuori dalle scuole, il fascismo organizza ragazze e ragazzi in forme paramilitari promuovendo il culto del capo e la cura del vigore fisico, disponendo adunate collettive, trattando l’educazione come strumento di propaganda. Nelle aule l’immagine del duce risalta a fianco del re e del crocifisso mentre la storia del regime è narrata nei libri di testo. È introdotto l’obbligo del saluto romano come sono introdotte le celebrazioni della marcia su Roma, della Grande guerra e, nei secondi anni Trenta, dell’impero fascista. Il sé è sopraffatto dalla dimensione pubblica, da un rapporto sempre più stretto tra scuola, società e politica che si estende ben oltre l’attività didattica generando, anche in Trentino, aperti conflitti con il fronte cattolico.

Piccole italiane, con le gonne nere e camicie bianche, in sfilata, 1935-37.
Trento, Scuole elementari “R. Sanzio”, affresco di G. Pancheri raffigurante ” giochi di fanciulli” , 1932-1935. Archivio fotografico storico provinciale, Archivio Sergio Perdomi, Inv. n. 79878.

L’interesse per il campo educativo si concretizza in un fervore legislativo senza pari avviato con la riforma Gentile del 1923 e conclusosi con la Carta della Scuola firmata da Bottai nel 1939. Le direttive gentiliane forzano il carattere elitario dell’istruzione secondaria respingendo l’idea di una scuola di massa, sopprimendo i consigli scolastici, elevando la carica del provveditore. È riformata anche la scuola di base, chiamata elementare, suddivisa tra scuole statali, scuole provvisorie da affidarsi a istituzioni quali l’Opera Nazionale di Assistenza all’Italia Redenta e scuole sussidiate gestite da privati. Centrale è il ruolo della religione cattolica posta, dopo il Concordato del 1929, a «fondamento» del sistema educativo mentre l’obbligo scolastico è fissato dai 6 ai 14 anni, una novità per il contesto italiano ma non per il Trentino.

Nella regione, gli oltre duemila maestri – in maggioranza donne – sono la spina dorsale del piccolo esercito che il regime distribuisce anche negli isolati centri di montagna. Sorgono «gruppi d’azione», biblioteche, mostre didattiche e giornalini scolastici pensati per divulgare il credo fascista favorendo una propaganda che, pure in Trentino, ben poco si cura delle contraddizioni di cui è espressione, di una politica educativa fondata più sull’irreggimentazione che sulla pedagogia, intenta a formare non uomini e donne, ma fascisti e fasciste.

Giorgio Lucaroni

Bibliografia:

Jürgen Charnitzky, Fascismo e scuola. La politica scolastica del regime 1922-1943, La Nuova Italia, Firenze, 1996

Quinto Antonelli, Storia della scuola trentina. Dall’umanesimo al fascismo, il Margine, Trento 2013